Il paradiso all’improvviso
di Mariarosaria Lattari
Calabria Giuseppe Berto

“Quando voi state per partire per il sud, ed un amico meridionale vi raccomanda di andare a visitare questo o quel luogo perché meraviglioso, unico al mondo, eccetera, siate diffidenti: nove volte su dieci vi troverete davanti a qualcosa di sconcertante, che, o è decisamentebrutto, o possiede una bellezza che in nessun modo riesce ad arrivare fino a voi”.*
In compagnia di queste riflessioni, Giuseppe Berto approda alla piccola stazione di Ricadi, in Calabria, tappa obbligata per raggiungere Capo Vaticano, che un amico gli aveva raccomandato di andare a vedere.
Sono gli anni Cinquanta e Berto, nato a Mogliano Veneto ma ormai da tempo trasferitosi a Roma, è già annoverato tra i grandi scrittori del dopoguerra grazie al romanzo Il cielo è rosso (1947).
“Oltre la distesa verde giaceva il mare molto azzurro, sul quale si alzava il cono dello Stromboli perfetto come il monte del Purgatorio. Il promontorio del Capo stava a sinistra, spelato, biancastro e ostile”.
Ed è lì che lo scrittore punta, accompagnato per circa due chilometri a piedi dal figlio del capostazione, offertosi come guida fino al faro.
“Forse perché c’ero arrivato all’ improvviso e pieno di scetticismo, mi pareva quello il luogo più bello che avessi mai visto, e in un certo senso anche spaventoso, come se la roccia sulla quale mi trovavo avesse potuto da un momento all’ altro franare verso il mare che la chiamava”.
La diffidenza lascia il posto allo stupore di fronte a un paesaggio primordiale.
“Entro quei visibili confini, c’era il mare che, quando il mondo era nuovo e misterioso, aveva fatto nascere i miti di Scilla e Cariddi e delle Sirene, e la favola di Ulisse. Ormai gli uomini hanno sperimentato troppe cose per lasciar sopravvivere una poesia così legata agli elementi e alla natura”.
Così a Sud, Bertonon era mai andato e lo farà sempre più spesso, con la frenesia di tornare di fronte a Stromboli e Vulcano, su quello spuntone di roccia da cui sembra di toccare la Sicilia.
“Appena la vidi, seppi che quella terra dalla quale si scorgevano quelle magiche isole era la mia seconda terra”.
Sebbene non sia la sua culla natale, quel luogo attrae, anzi folgora lo scrittore.
“Mi basta ricordare il colore del mare, l’aspetto di una terra, il vento di scirocco che viene dall’ Africa, i mandorli che fioriscono a gennaio, una ragazza che raccoglie olive, un contadino vestito di nero, una donna che cammina portandosi un’anfora sulla testa; e subito mi riprende il bisogno di correre giù, dove, si capisce, di nuovo rapidamente mi sazio”.
Nel ’56 Berto acquista la terra a ridosso del faro da un contadino ansioso di vendere per fare la dote alla figlia. Tutto intorno solo terra brulla, granito e fichi d’ india. Un eremo di bellezza, solitudine e pace prende ben presto corpo sotto le mani di Berto che non si risparmia: lavora a mani nude con le manovalanze del luogo, fa schizzi, progetta, fotografa e studia le abitazioni dei pastori del vicino Monte Poro perché le costruzioni a cui darà vita si sposino al meglio con il paesaggio e la semplicità contadina che lo anima.
“Un po’ alla volta mi sarei costruito una casetta, e vicino vi avrei piantato degli alberi, li avrei fatti crescere io, innaffiandoli e riparandoli”.
Ed è al Capo che nel 1964 vede la luce Il male oscuro, premiato con il Viareggio e il Campiello. La casa in cui Berto scrisse il capolavoro, una delle prime a essere costruita, si staglia sulle altre, discreta e appartata: “il cucinone”, la chiamano tutti.
“Era venuta la sera. Il faro di Capo Vaticano aveva cominciato a mandare in giro il suo fascio di luce. Da lontano gli rispondevano i fari dello Stretto. In mezzo c’era il mare, di cui sentivamo solo le voci più vicine, e il mondo sembrava ancora nuovo e misterioso, come quando nascevano i miti”.
Al tramonto sulla Costa degli dèi si aprono ovunque scorci inaspettati, figli certo di una natura generosa, ma soprattutto di una verità che Berto conosceva bene: “per comprendere il Sud bisogna essere predisposti ad amarlo”…
* Tutte le citazioni di Berto sono tratte dal volume Il mare da dove nascono i miti, Edizioni Monteleone, Vibo Valentia, raccolta di articoli, saggi e interviste dal 1948 al 1976.
Mariarosaria Lattari è nata a Fuscaldo (CS) nel 1976 e vive a Roma, dove insegna italiano e latino, Suoi racconti sono stati pubblicati da Corriere.it, Feltrinelli, Corriere della Sera. Nel 2015 è coautrice di Muri in transito (Pellegrini Editore), trattato socio-poetico sulle scritte murarie. Nello stesso anno collabora alla scrittura dell’atto unico Polvere, recitando poi come co-protagonista nella omonima tournée. È autrice del documentario L’Isola di Bonaria, che nel 2015 ha vinto il festival cinematografico. ETuscia a Tuscania, e del testo teatrale Il dolore di prima, edito nel 2019 da Castelvecchi con prefazione di Franco Cordelli